La Perla: come nasce e come si crea

Il processo di coltivazione delle perle che oggi conosciamo è praticamente il medesimo studiato e messo a punto dei maestri Giapponesi dei primi del ‘900.

Per poter ottenere una perla coltivata con nucleo sono necessarie tre ostriche, in quanto serve un’ostrica da cui prelevare l’epitelio, una da cui ricavare il nucleo e infine un’ostrica che subirà l’operazione e produrrà la perla.

Perché si verifichi il processo che dà l’avvio alla formazione delle perle sono indispensabili due condizioni. La prima è che vi sia un’attività di secrezione dell’epitelio del mantello di taluni molluschi; la seconda che avvenga l’inglobamento di corpuscoli estranei di varia natura (parassiti, larve, frammenti del guscio stesso, cellule morte di tessuto connettivo) tra le valve del mollusco stesso.

La perla, infatti, è il risultato della reazione di difesa di un mollusco contro un corpo estraneo penetrato accidentalmente nella conchiglia. Per isolare un corpo estraneo, il tessuto epiteliale (anche chiamato mantello, cioè un organo interno del mollusco che produce sia conchiolina che carbonato di calcio) lo ricopre lentamente con strati successivi di carbonato di calcio e di conchiolina (un composto organico flessibile che contribuisce a determinare la resistenza della madreperla). Il carbonato di calcio a sua volta cristallizza in due diverse forme, e cioè in aragonite e calcite.

Tutti i molluschi perliferi producono uno strato di madreperla all’interno della conchiglia. Le sostanze che compongono la perla e il rivestimento interno della conchiglia sono costituite della stessa materia. Lo strato iridescente all’interno della conchiglia è detto madreperla; quando si trova invece sulla perla si parla di nacre. Pertanto la principale composizione chimico-fisico delle perle è la seguente:

• Carbonato di calcio tra l’82% e il 90%.

• Conchiolina tra il 4% e il 14%.

• Acqua tra il 2% e il 4%.

Se nelle perle naturali il processo descritto è del tutto casuale, nelle perle coltivate la formazione, all’interno del mollusco, viene provocata interamente o parzialmente dall’intervento dell’uomo. L’uomo quindi, e non la natura, crea le condizioni indispensabili per la formazione della perla che tuttavia, una volta avviato il processo, si sviluppa in modo naturale.

Nella maggioranza dei casi la perla di coltura è costituita da un nucleo sferico di madreperla che viene inserito dall’uomo, sul quale il mollusco deposita strati sovrapposti di nacre. Le perle coltivate senza nucleo o con nucleo organico non contengono un nucleo rigido di madreperla. Esse sono costituite completamente da strati di perlagione e vengono prodotte quasi esclusivamente da molluschi di acqua dolce.

Infatti sia i molluschi d’acqua salata che quelli d’acqua dolce sono in grado di produrre perle coltivate, seppure con delle differenze.

Nella coltura d’acqua salata sono impiegate le ostriche, mentre per la coltura d’acqua dolce si utilizzano i mitili. Questi ultimi sono in grado di sopportare fino a cinquanta frammenti di tessuto all’interno del loro mantello, garantendo una produzione di circa quaranta perle. Le ostriche invece riescono a tollerare un numero decisamente inferiore: un massimo di cinque per le Akoya (solitamente uno) mentre quelle dei Mari del Sud e Tahiti soltanto uno.

Il periodo di coltivazione delle perle d’acqua dolce (o pieno nacre) si estende fino a sei anni mentre per quelle di acqua salata i tempi si riducono a un massimo di ventisei mesi. Un’ultima differenza è rappresentata dal fatto che i mitili d’acqua dolce sono innestati tra mantello e conchiglia generalmente con un frammento di tessuto del donatore, mentre le ostriche d’acqua salata vengono nucleate nelle gonadi con una sfera di madreperla.

Il fatto che i molluschi delle perle d’acqua dolce siano nucleati con un frammento di tessuto rende più difficile ottenere perle perfettamente rotonde. Infatti, a differenza delle perle d'acqua salata (fino all’80% per le Akoya), solamente il 2% della produzione totale presenta una forma sferica o quasi.

Le perle coltivate si sviluppano negli allevamenti perliferi dove molte migliaia di molluschi vengono “operati”. Come per tutte le forme di coltura, anche quella delle perle dipende da una componente di fortuna e dalle incognite della natura, oltre che dalle competenze tecniche degli allevatori. Tuttavia nonostante la cura e precisione con cui svolgono il loro mestiere, gli allevatori a volte devono piegarsi a eventi naturali, quali burrasche, calura eccessiva, freddo intenso, e altre catastrofi quali terremoti e tsunami.


Aspetti di rarità delle Perle

Una volta seguite le operazioni post-raccolto quali la pulizia, la setacciatura per diametro, la foratura e l’eventuale sbiancamento, è finalmente possibile procedere all’analisi delle varie caratteristiche di rarità in modo da ottenere la classificazione per qualità.

Esistono dei criteri ben precisi per valutare una perla coltivata, definiti in una tabella internazionale che tutti gli operatori del settore specifico conoscono. La classificazione viene eseguita da esperti, che esaminano e valutano ogni singola perla. La persona addetta a tale compito deve avere una grandissima esperienza nella selezione del prodotto oltre ad una perfetta conoscenza del mercato, combinando insieme i parametri di origine, dimensione, spessore del nacre, colore, lucentezza, forma, aspetto di superficie e composizione.

Le perle naturali, proprio perché frutto fortuito della natura, sono le più rare e costose, ma il loro numero così esiguo fa si che oggi non siano più considerate perle commerciabili.

Per quanto riguarda le perle coltivate, quelle di acqua salata sono considerate più rare di quelle d’acqua dolce per la minore quantità ottenibile dalla stessa ostrica e per il prestigio storico.

La dimensione delle perle in generale dipende dal tipo di mollusco, dalla grandezza del nucleo, dal tempo di permanenza, e dalla temperatura dell’acqua che influisce sul metabolismo dell’ostrica; più l’acqua è fredda, più lento sarà il metabolismo e di conseguenza più lentamente si depositerà il nacre.

Avvalendosi di un calibro, si può procedere alla misurazione stabilendo il diametro in mm. Viene considerato il lato più corto della perla. Il valore è crescente all’aumentare della dimensione.

Questo è forse il parametro più difficile e a volte soggettivo per via dei mezzi a disposizione al momento dell’acquisto. Ci si riferisce all’insieme di strati di nacre che avvolgono il nucleo di madreperla.

Le perle di acqua dolce non essendo provviste di nucleo sono totalmente composte di nacre, come nel caso delle perle naturali. Tra la quantità di nacre depositato e la temperatura dell’acqua esiste una precisa relazione. Per stabilire la coltivazione della perla, si usa una luce a lampada UV e una lente a 10X. Si deve cercare di stabilire dove termina il nacre e dove inizia la conchiolina o il nucleo di madreperla.

Lo spessore è determinato da:

• Tipo di mollusco

• Temperatura dell’acqua

• Tempo di permanenza

Il colore delle perle è dato dalla combinazione di tre elementi: colore di base, colore di superficie e oriente. Quest’ultimo fenomeno è raro nelle perle sferiche, più comune in quelle barocche a causa della superficie irregolare.

Il colore è determinato da vari fattori, quali:

• Habitat

• Colore delle labbra

• Presenza di plancton

• Presenza di sali minerali

La lucentezza è la quantità e la qualità di luce riflessa dalla superficie della perla e dipende dalla trasparenza e dalla grana del nacre, che a sua volta dipende dalla disposizione delle piastrine di aragonite, dalla loro grandezza e dall’uniformità di quest’ultima.

Se le piastrine sono molto piccole la grana sarà fine; se i cristalli sono più grandi, di diverse dimensioni e forme o disposti alla rinfusa, la grana sarà grossa e la riflessione della luce sarà inferiore.

La forma rotonda è la più ricercata, anche se non tutte le perle assumono questa caratteristica. Il filo va fatto ruotare su un panno su una superficie piana o tenendolo tra le dita. In questo modo potremo percepire la forma.

Ad ogni modo distinguere tra la forma “round” e “semiround” potrebbe non essere così semplice, soprattutto per le perle di acqua dolce, dove la forma sferica praticamente non esiste, se non in rarissimi casi, tant’è che spesso vengono definite sferiche anche perle che non lo sono perfettamente.

L’estensione e la gravità delle caratteristiche superficiali possono peggiorare sia l’aspetto che la durevolezza delle perle stesse. L’aspetto va considerato nel suo insieme e la posizione in cui le caratteristiche (o “spot”) si presentano. Si dovrà poi riconoscerne la grandezza, posizione, il numero, la visibilità e il tipo.

Per fare quest’ analisi, nel caso si stesse valutando una collana, il filo va esaminato come fatto per gli altri parametri.

E’ l’abilità nell’accoppiare ed armonizzare tutte le perle che compongono un oggetto.

Bisogna tenere in considerazione i seguenti fattori: il colore, la lucentezza, la forma, l’aspetto di superficie e la misura.

La precisione della foratura è un aspetto rilevante e assolutamente da non trascurare.

Cura delle Perle

Essendo di natura organica, con l’avanzare del tempo le perle possono manifestare segni di deterioramento che provocano la perdita del caratteristico oriente per effetto della disidratazione o per la dissoluzione del carbonato di calcio.

Infatti le perle sono soggette a quattro tipi principali di deterioramento: disidratazione, dissoluzione, scalfittura e deterioramento fisiologico.

Le cause principali sono da addebitarsi all’alto grado di acidità della traspirazione della pelle oppure a particolari ingredienti contenuti nei cosmetici. Le sostanze acide penetrano all’interno delle perle attraverso il filo, che è bene quindi sostituire periodicamente.

Va detto comunque che una buona cura delle perle ne mantiene inalterato lo splendore per lunghissimo tempo. Basta applicare alcune regole fondamentali che riportiamo qui di seguito.

Indossiamole!

Nel corso degli anni stilisti e creativi si sono sbizzarriti creando gioielli di ogni tipo. La loro fantasia ha portato a reinventare la maniera di “vestire” le collane attraverso variazioni nella lunghezza del filo o combinando più fili insieme.
Diffusa soprattutto negli anni '50, la collana graduata è generalmente composta da un filo di perle di grandezza scalare, di lunghezza tra i 43 i 48 cm. Si addice agli indumenti con girocollo o collo alto, legata a un’immagine molto classica, lievemente rétro.
Il collare invece è una combinazione di tre o più fili di perle uniformi e di notevole diametro, che aderiscono alla parte mediana del collo. Si tratta di un gioiello generalmente importante. I fili sono lunghi tra i 30 e i 33 cm e sono particolarmente adatti a un abbigliamento con spalle scoperte oppure a indumenti con scollo a V o "a barchetta.
Il girocollo, detto anche Choker, è una collana uniforme, a un filo, di lunghezza di circa 40 cm. E' il tradizionale primo regalo prezioso a una figlia diventata donna, e in alcuni paesi e regioni è il dono della suocera alla nuora. Si adatta ad ogni età, ad ogni tipo di abbigliamento e ad ogni tipo di scollatura.
Un po’ più lunga del Girocollo ma un po’ più corta dell’Opera, la Matinée misura tra i 50 e 61 cm. Grazie a queste caratteristiche di indossabilità viene collegata a un look elegante ma informale, sciolto e rilassato.
L'Opera, lunga 70-80 cm, è la regina di tutti i modelli, soprattutto se composta da perle di diametro superiore ai 7 mm. Indossata ad un solo filo, è perfetta con indumenti a girocollo o collo alto. Si tratta di un gioiello molto versatile, che assume importanza con l’abito a cui si accompagna ma diventa molto chic se avvolta con nonchalance a più fili a forma di girocollo.
La Treccia, modello preferito da Coco Chanel, è il più completo dei gioielli, un vero e proprio “must”. Ha una lunghezza superiore a 114 cm e per questo s’indossa intrecciata a più fili paralleli o scalari. Viene generalmente impreziosita dai fermagli che, posti strategicamente nella collana, consentono di trasformarla anche in bracciali o sautoir rivisitati.